L’idea stessa di fare una classificazione della viteria può sembrare bizzarra: per la maggior parte di noi una vite è una vite, al limite lunga o corta, o al massimo a croce o a taglio, per chi ha fatto un po’ di bricolage. Ma le cose sono molto più complesse di quanto possiamo immaginare da profani, e parlando con degli esperti – i tecnici di un grande produttore di viteria speciale Italiano, IPL – abbiamo scoperto che le possibilità di organizzazione e classificazione di questo mondo sono numerosissime e molto diverse, e soprattutto necessarie. Quello che infatti, come dicevamo, a noi può parere solo un pezzetto di metallo è invece un esemplare specifico e caratteristico di una gamma di prodotti vastissimi e molto differenziati. Scopriamo insieme come si classificano le viti, almeno a livello basilare.
La prima classificazione, la più semplice, è in base alla forma. Oltre al passo del filetto – la distanza fra le spire che avvolgono la vite – possiamo ragionare in base a due criteri: la forma della testa e quella dell’invito. In base al primo avremo viti a testa tonda, viti a testa piatta, e viti svasate: queste ultime, le più particolari, hanno una testa tronco-conica che affonda interamente nel piano, così da non sporgere dalla superficie avvitate. L’invito si distingue invece nei tipi a taglio (più vecchio), a croce ( più adatto agli avvitatori automatici) e a brugola (popolare soprattutto grazie a un noto mobilificio svedese).
Oltre che secondo la forma, possiamo poi catalogare le viti in base al materiale di cui sono composte. Le viti più comuni ed economiche, infatti, sono in acciaio; ma non è certo la sola possibilità. Se infatti pensiamo a tutte le situazioni in cui una vite deve essere usata in esterni, o comunque in ambienti ad alta percentuale di umidità – pensiamo ad un mobiletto per il balcone, o ancora uno stipetto per il bagno, tanto per rimanere in ambito domestico – ci sarà facile immaginare quanto sia elevato il rischio di corrosione, e quindi come l’acciaio, soggetto alla ruggine, diventi un materiale molto meno adatto per avere buoni risultati. In questi casi esistono infatti viti realizzate in altri metalli e leghe: le più comuni sono in rame, ottone, nickel e bronzo, tutti materiali che non temono la ruggine.
Per finire, è possibile anche ragionare in base al materiale non delle viti, ma dei pezzi che dovranno connettere. Qui le famiglie principali sono le viti da legno e quelle da ferro. Le prime sono viti standard, che non hanno particolari requisiti, e probabilmente le abbiamo avute spesso per le mani. Le viti per ferro e metalli, invece, hanno caratteristiche particolari: innanzitutto sono autofilettanti, perché devono crearsi da sole il percorso nella lastra metallica mentre vengono avvitate, e proprio per questa ragione sono sempre in acciaio duro. Poiché però come abbiamo visto questo materiale teme la corrosione, e in un assemblato metallico la ruggine potrebbe anche estendersi dalle viti alla struttura con conseguenze disastrose, queste viti vengono spesso sottoposte a nichelatura o zincatura, così da essere protette dall’ossidazione.